Intifada fino alla vittoria

24.09.2025

Lunedì 22/09/25 ha avuto luogo uno dei più importanti scioperi degli ultimi anni. Migliaia di persone in tutta Italia sono scese in piazza, accomunate da un solo scopo: urlare a squarciagola in onore di quelli che non possono essere sentiti, le loro voci coperte dal rumore assordante delle bombe.

Il genocidio in Palestina va avanti oramai da due anni e la rabbia di tutto il mondo cresce sempre di più e così cresce la voglia di farsi sentire. Tuttavia, c'è anche chi è titubante, chi ha paura di scendere in piazza, chi per noia, chi per mancanza di fiducia. Perché manifestare? È estremamente diffusa la convinzione che, come cittadini, siamo impotenti di fronte ad un genocidio o di fronte ad una qualsiasi altra causa che ci sembra più grande di noi. Per alcuni è la paura, per altri è la noncuranza, per altri ancora è un modo per non mostrare di essere indifferenti alla causa.
Lunedì il collettivo del nostro liceo è sceso in Piazza Mancini e ha marciato fiero, consapevole del fatto che un piccolo gruppo di liceali ad una manifestazione non avrebbe cambiato nulla. Lo abbiamo fatto, e con noi altre migliaia di persone in tutto il mondo, che lo hanno sempre fatto, continuano a farlo. Lo sciopero, la protesta, la rivolta, sono le pratiche storiche a cui dobbiamo l'evoluzione della nostra società. Quasi sempre nella storia le conquiste dei cittadini sono merito delle proteste. E siamo arrivati lontano. In Palestina, il calore delle nostre proteste non arriva, ma arriva ai politici italiani che continuano a finanziare lo stato di Israele (e quindi il genocidio) con i soldi delle nostre tasse, la nostra protesta arriva alle compagnie che supportano Israele con i soldi dei prodotti che acquistiamo. Quindi no. Non è una risoluzione diretta del problema, nessuno scende in piazza aspettandosi di portare la pace nel mondo.
Scendiamo in piazza in nome della speranza, in nome della solidarietà, in nome di valori che possono sembrare distanti ma che sono concreti oggi più che mai. "Una sola persona che marcia non cambierà il mondo" direbbero. È vero, ma come singolo scendo in piazza anche per me stessa, per ricordarmi dei valori per cui mi batto, per onorare quelli che prima di me si sono battuti per i miei diritti, ma soprattutto per quelli che non possono protestare. Perché la protesta è un diritto tanto quanto un dovere. Quindi, anche se sembra inutile, chiedo a tutti di riflettere sul genocidio, di non ignorare la sofferenza e di ricordare ogni giorno con strazio i migliaia di morti a Gaza.
Free Palestine.
 
A cura di: Sofia  

Immagini di:  Collettivo Cartesio.

© 2025/26 Liberjournal
. Tutti i diritti riservati .
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia