Il Colpo Americano

Il tema delle armi, soprattutto negli Stati Uniti, è un argomento molto complesso, che coinvolge aspetti legati alla sicurezza e a varie preoccupazioni. Secondo diverse stime, negli Stati Uniti circolano più armi da fuoco che abitanti. La maggioranza dei possessori ha armi come fucili a canna liscia e pistole.
Le ragioni che spingono gli americani a possedere tali armi sono svariate. Molti giustificano il possesso di un'arma come una misura di autodifesa e indipendenza. Possedere un'arma in casa è visto come un modo per proteggere sé stessi e le proprie famiglie, soprattutto quando si teme che l'intervento della polizia possa essere troppo lento. In queste situazioni, avere un'arma può dare la sensazione di una risposta più rapida.
Tuttavia, l'autodifesa e la sicurezza non sono le uniche motivazioni che spingono gli americani ad acquistare armi. Anche lo sport e lo svago giocano un ruolo importante. Le attività legate alle armi da fuoco, come il tiro sportivo e la caccia, non solo offrono opportunità di intrattenimento, ma promuovono anche la responsabilità, la concentrazione e il rispetto per la sicurezza. Queste pratiche sono quindi considerate da molti come una tradizione che fa parte della cultura americana, molto apprezzata e diffusa in tutto il paese.
Inoltre, l'acquisto e la produzione legale di armi contribuiscono in modo significativo all'economia americana. L'industria delle armi genera un notevole flusso di entrate fiscali e offre numerosi posti di lavoro, dalla produzione alla vendita, ma anche attraverso eventi sportivi e competizioni. Questo settore, sebbene controverso, ha un impatto positivo sull'economia, soprattutto nelle aree dove le fabbriche e i negozi specializzati sono un'importante fonte di lavoro.
Non bisogna dimenticare che molti possessori di armi si impegnano anche a seguire corsi di formazione per l'uso sicuro e responsabile delle stesse. In molte comunità, infatti, esistono scuole di tiro e corsi di educazione alla sicurezza che insegnano a maneggiare le armi nel rispetto delle leggi e con la consapevolezza dei rischi. Questo aiuta a prevenire incidenti e a promuovere un utilizzo più consapevole delle armi.
Adesso, prendiamoci un momento di pausa per immaginare questa scena: una mamma chiede al figlio sedicenne di andare a prendere i fratellini a casa di loro amici. Il ragazzo, alto e magro, per sbaglio suona il campanello della casa accanto. Il proprietario, un uomo di 84 anni, vede attraverso il vetro della porta un ragazzo nero e gli spara. Un colpo in testa e uno al braccio. Sembra irreale, no? Ci troviamo negli Stati Uniti, a Kansas, nell'aprile 2023.
-Tre persone in macchina si fermano di fronte a una casa. Capiscono di essere nel posto sbagliato, fanno per andarsene, ma il padrone di casa, dal giardino, spara, ammazzando una passeggera.
-Una giovane donna entra in una scuola elementare armata fino ai denti: sei morti, inclusi tre bambini.
Con notizie del genere si potrebbe purtroppo continuare molto a lungo: i giornali americani ricordano dei bollettini di guerra. Mentre in Italia nell'anno 2023 si contano circa 797 morti a causa delle armi, in America se ne contano circa 12.714. Se anche di punto in bianco si bloccasse la vendita di armi, si avrebbero comunque quasi 400 milioni di armi in giro, senza un registro federale che indichi chi le possiede e in che quantità.
Alla base di tutto questo c'è la Carta dei Diritti degli Stati Uniti del 1789, risalente alla fine della guerra di Indipendenza dalla monarchia inglese: il primo articolo garantisce la libertà di parola, il secondo il diritto di detenere e portare armi. In certi stati i possono vendere AR15 a diciottenni. Un ragazzino entra in un negozio con la carta di identità ed esce con un fucile semiautomatico.
La frase preferita dei pro-gun, che sostengono che regolarizzare la vendita di armi vada contro al secondo emendamento, è "Sono le persone che uccidono, non le armi" ed effettivamente non hanno torto, però magari se invece di acquistare un Kalashnikov le persone riuscirebbero ad acquistare solo un coltellino svizzero senza il bisogno di una procedura legale, magari molte stragi verrebbero evitate.
I più paranoici sono anche arrivati a dire che un popolo senza armi è in balia del governo e della sua potenza militare. Ma il mondo è cambiato molto dal 1791 ad ora: nel 2024 per andare contro l'esercito americano, il più potente del mondo, non bastano le Beretta o le Colt, e nemmeno i fucili d'assalto.
È stato anche supposto che se tutti i cittadini avessero un'arma probabilmente il rischio di incorrere in stragi sarebbe minore, ma aiutandoci con le statistiche potremmo sfatare anche questo mito:il 15% delle cause di morte infantile è legata al possesso di pistole. Inoltre, cinque donne al giorno perdono la vita a causa di uomini violenti e armati: il rischio che una donna venga ammazzata dal compagno aumenta del 500% se, durante una litigata, questo è armato.
Secondo la loro Carta dei Diritti è federalmente vietato portare armi di ogni tipo in luoghi dove ci sono bambini o nei palazzi governativi, eppure:
-"Usa, sparatoria in una scuola del Wisconsin: studentessa di 15 anni identificata come responsabile";
-"Usa, sparatoria in una scuola della Georgia, 4 morti e 30 feriti: le immagini registrate da dentro l'istituto";
-"Usa, arrestato il padre del 14enne che ha fatto una strage in un liceo della Georgia: «Il fucile da guerra era un regalo di Natale»";
-"Usa: arrestato a 11 anni, aveva un arsenale e una lista di persone da uccidere"
La buona notizia è che, a giudicare dai sondaggi, gran parte degli americani non ha dubbi sul fatto che qualcosa debba cambiare e anche in fretta, per cui tutti coloro che credono che "Agli americani va bene così" si sbagliano.
È una faccenda tutta americana, legata anche in parte alla storia di questo Paese. Chi non si sente protetto dalle istituzioni o semplicemente ama le armi non si darà mai per vinto ed è per questo che fa paura. Al momento è difficile immaginare una soluzione alla questione: accanto a regole più restrittive sarebbe proprio necessario un cambio di mentalità, di cultura, che però richiederebbe tempo e notevoli investimenti in educazione.
A cura di: Serena di Girolamo e Martina Legorano